Samurai ai tempi del coronavirus

Ad allievi, amici e maestri di arti marziali


CALMA. La calma è la virtù dei forti. Me lo diceva mio padre. Me lo diceva anche il prof. Vizzoni, un luminare della pediatria. E me lo confermava Jacek Palkiewicz, avventuriero giramondo, unico fotografo autorizzato a seguire papa Wojtyla durante le sue vacanze, un uomo, Jacek che tanto ha fatto nelle battaglie di Solidarnosh ed ha creato le "scuole di sopravvivenza".... Calma. Già. Dovrebbe venirci facile a noi che professiamo da sempre la disciplina ed i valori dei samurai. Ma in realtà facile non lo è. Almeno non per tutti. Invece, proprio nel nome di quanto da anni studiamo e professiamo vi invito ora come mai alla calma. La dovete, la dobbiamo ai nostri allievi, ai loro familiari, a chi ci sta vicino. Ma soprattutto a noi stessi. Perché è questo il momento di dimostrarci che quella preparazione non serviva - e in fondo lo sapevamo - per eliminare un ipotetico aggressore. Ma per vincere le nostre paure, trasformandole, quelle paure, in coraggio per andare avanti. Ho già scritto che la calma mi ha sempre aiutato. Come sapete per lavoro sono stato a Chernobil, a Fukushima, nella guerra in Bosnia ed in Kossovo. Nel Sahara. Ho incontrato ed intervistato assassini seriali e terroristi rossi e neri: Tuti, Bertoli (quello della strage di Brescia), gli assassini di Aldo Moro. Paura? Certo, ogni volta ne ho avuta, almeno all'inizio del lavoro. Ma la calma mi ha permesso di andare avanti, svolgere il mo compito e, ovviamente... uscirci vivo. Anche quando intervistavo i primi moribondi di una malattia strana e sconosciuta: l'Aids. Ne ho visti morire tanti. Anche nei reparti rianimazione. Paura ma soprattutto calma. E' vero, i miei studi da... Samurai mi hanno aiutato molto. Ed è per questo che ogni volta che qualcuno mi chiede "Ma in tanti anni hai mai applicato le arti marziali?" rispondo: "Certo, sempre, ogni giorno della mia vita". Perché ho sempre creduto in quello che studiavo. Ora, in questo momento di coronavirus vi invito a seguire questo esempio. Non di un eroe ma di un sensei ovvero uno che ha studiato prima di voi. Ed ha imparato anche grazie ai tanti viaggi in Giappone a "dominare le avversità senza opporvisi". In Giappone è normale che quando si sta male si portino le mascherine, non ci si soffia il naso in pubblico, non si fanno sternuti in pubblico, si portano i guanti e non si stringono mani. Solo inchini ad almeno un metro di distanza. Per educazione, rispetto di noi stessi e degli altri... E gli altri si rispettano anche se si chiamano autorità. Perché li abbiamo delegati noi a darci degli ordini. Basta. Ojime. : non perdiamo il contatto con gli allievi anche se a dojo chiusi. Hanno bisogno di noi e noi di loro.
Un rispettoso inchino
Soke Maurizio Silvestri